C'era
una volta...anzi, no, questa storia è più attuale di quel che si
possa pensare.
Viveva
in un punto non ben delineato di una non ben precisata foresta una
donna, no, non era una donna come tante, qualcuno pensava fosse una
strega ma in realtà si trattava di una negromante ed il suo nome era
Vivienne.
Vivienne
si era circondata dei frutti della sua magia ed a servirla come dei
veri e propri camerieri vi erano le sue evocazioni, uno scheletro e
due zombie.
Ognuno
godeva di una propria personalità, seppur non ben definita, forse
un’ eco lontana di quel che erano stati in vita e, se così si può
dire, erano tutti innamorati di quella donna un po' oscura nell'anima
ma non nell'aspetto.
Era
così bella con quei capelli corvini, la pelle bianca come cera e due
occhi tanto neri e profondi che era come guardare attraverso l'abisso
solo per potervisi smarrire.
In
una giornata come tante, forse solo un po' più calda, Vivienne si
trovava fuori dalla sua casetta, con indosso un costume, a godersi un
po' di sole mentre i suoi servi si affannavano nel cercare di
accontentarla come meglio potevano. Chi le portava un succo di
mirtilli, chi delle bacche fresche, chi la sventagliava con una
grande foglia di ficus, e poi c'era lui, Erzel, l'ultima delle sue
creazioni, uno scheletro rinvenuto sotto un albero e riportato in
vita.
Erzel
si limitava a fissarla, dal vuoto delle sue orbite cave e se solo
avesse avuto della pelle sul suo teschio si sarebbe potuto
immaginarlo a sorridere.
Il
"giovane" scheletro era un tipo riservato, passava le
giornate della sua nuova vita a camminare al fianco di Vivienne, era
così pensieroso sul come ogni giorno fosse sempre più preso da
colei che l'aveva riportato in vita.
Vivienne
gli insegnava il nome delle bacche, delle radici, dei germogli e dei
loro possibili utilizzi nell'alchimia, sperava di poterlo iniziare
nella creazione di semplici pozioni di uso comune da poter vendere
poi in un villaggio non troppo distante; in fondo Vivienne ci teneva
al suo aspetto e non era indifferente a trucchi, gioielli
sbrilluccicanti e vestiti nuovi ed eleganti.
La
giovane negromante si era però resa conto che Erzel era differente
rispetto ai suoi zombie, si poteva percepire un’anima ed un’aria
un po' triste e malinconica in quel mucchietto d'ossa ambulante, così
decise di sfruttare i suoi studi di magia nera e provare un rituale
per dargli la voce.
Il
rituale riuscì in modo un po' bizzarro, non avendo le corde vocali,
al posto della voce Erzel cominciò a farfugliare direttamente nella
mente di Vivienne, dapprima delle parole scomposte e senza troppo
senso ma in seguito riuscì a formulare frasi semplici, fino a ad
esprimersi come meglio si conveniva.
Finalmente
Vivienne aveva trovato qualcuno con cui poter dialogare e conscia
della vivace intelligenza di quel suo servitore e di quel modo tutto
suo di essere profondo gli fece studiare alcuni grandi classici della
letteratura e della filosofia.
Ahh,
quello scheletro così giovane si innamorò della filosofia al punto
che il meditare su quella bellezza occulta che era Vivienne lo fece
cominciare a scrivere delle poesie in una grossa agenda che aveva
precedentemente trovato in quella casetta dove ormai "viveva"
o per meglio dire esisteva già da qualche tempo.
Vivienne
una sera mentre era alla ricerca di un vestito da notte trasparente
che potesse mettere in mostra le sue forme seducenti al chiarore
della luna aprì l'armadio e si stupì nel trovare quel pesante tomo,
l'aprì e lesse con sorpresa le poesie ed i pensieri di Erzel. Era
chiaro che in ognuna di quelle parole ci fosse un riferimento a lei,
anche perché non aveva altri con cui poter comunicare ma lei non era
una donna qualsiasi, era una negromante e non volle accettare quel
suo folle amore da un suo servitore.
Fu
così che Vivienne si precipitò dallo scheletro, e con un lieve
disgusto sul volto recitò una formula antica, seguì un bagliore
verde e da lì in poi Erzel non poté più né parlare né
esprimersi, quel suo essere così speciale nella propria unicità fu
sostituito dal tornare ad essere un semplice servo di quella sua
sempre più oscura padrona.
"Bene"
disse Vivienne e da lì in poi nel suo volto non si riuscì mai più
a scorgere la parvenza di un sorriso, la negromante con un ghigno
sprezzante aveva detto addio alla sua umanità ed a quella di Erzel.
Era una sera come tante, la notte più nera e si ritrovò sempre più
sola.