martedì, luglio 20, 2021

Reiterante Angoscia

Eppur ci provo a fuggir lontano da me per rifugiarmi in quei miei mostri, che vorrei, ma non oso, tanto evitare; e ivi mi seppellisco vivo, respirando angoscia.

La mia casa è dove vivono i mostri, i mostri sono i miei sbagli, sempre gli stessi; e li nutro dandogli tutto, tra cui me, sempre.

Fuggire, sparire, nascondersi, acquattarsi, temporeggiare, rimandare e soprattutto evitare.

La vita è un orologio fermo, il tempo non passa mai, poi ti accorgi che è tornato nel momento in cui si erano fermate quelle lancette; ma sono passati anni, e tu sei sempre uguale, solo decisamente più spettrale.

giovedì, aprile 22, 2021

Il titolo è l'epitaffio

Ricordi quando al calar della sera

eram soliti accompagnar l'aere coi nostri canti?

Rendevam la madre terra sì fiera,

ed i passanti: ignari astanti.


V'era gioia dal lago al monte,

ché le lucciole si radunavan,

come in guerra gli spari al fronte,

di bagliori illuminavan.


Ed io a cercar mesto,

chi quell'ode avesse apprezzato.

Ma non fu l'applauso a farmi pesto;

bensì un piede mi ha calpestato.


La lapide è pietra ignota, si scorge appena un graffio.

Se il mio nome ancor ricordi, orsù, dillo;

così che il titolo sia l'epitaffio.

« Qui giace colui che fu tutto e non fu niente: 

Lascio una lira, mancanze, ed un sogno ricorrente. »

                                                                   Il grillo.

giovedì, aprile 15, 2021

Agrigento distopica ai tempi del Covid

Correvo, la paura scatenava l'adrenalina al punto da non farmi sentire il dolore alla gamba che mi perseguitava da anni; scappavo a perdifiato tra le vie della città, e quasi tutto era buio.
Non sapevo chi fossero i miei inseguitori, sapevo solo che poco prima di tornare a casa, per via del coprifuoco nazionale, un africano sopra al metro e novanta mi aveva raggiunto, ponendosi davanti a me con sguardo minaccioso mentre altri due erano sbucati dai lati.
"Scusa, dovrei passare, ti serviva qualcosa?" gli chiesi cercando di non far trapelare quanto fossi impaurito; a parte me e loro, le strade erano del tutto deserte, e la luce fioca del vicolo che avevo preso come scorciatoia lo rendeva scarsamente illuminato.
"Perché tu qui? Cosa vuoi?!" mi domandò in modo brusco quell'energumeno, era palese che spacciassero erba e fumo; del resto la città vecchia ormai era diventata la loro zona, ed oltre ad essa ormai avevo sforato ampiamente anche con l'orario.
"Vorrei solo passare, mi stanno aspettando" dissi, poi fu il buio totale. Sentii un tonfo pesante davanti a me ed altri due ai lati, ritornò la luce, stavolta ad intermittenza, e fu lì che li vidi: i tre bestioni erano stesi a terra con gli occhi sbarrati a fissare un punto nel vuoto.
Non mi ero reso conto di nulla, pensavo fosse una sorta di assurdo stratagemma prima di un attacco da parte loro, ma sembravano morti.
D'un tratto il gelo, sentii un vento ghiacciaio attraversarmi il corpo e percepii come l'eco di un urlo lontano; solo che in un qualche assurdo modo che non so spiegarmi sembrava provenire da molto vicino.
In un primo momento ero paralizzato dalla paura, come quel vento gelido attraversò nuovamente il mio corpo, seguito dallo stesso grido di prima, saltai oltre l'africano che giaceva dinanzi a me ed iniziai a correre.
A pochi metri da lì c'erano delle scale, una discesa che portava ad una via parallela alla ferrovia; scesi i gradini il più velocemente possibile: correndo, saltando, rischiando più volte di cadere.
Pur non volendolo fare mi girai, non sapevo se fosse solo suggestione ma avevo la sensazione di essere inseguito da qualcuno o da qualcosa.
Mi sembrò di intravedere figure sfocate, ombre; e dove esse passavano ogni luce cessava di esistere, così tornai a guardare avanti senza mai smettere di correre.
Poche decine di metri più avanti avrei raggiunto la piazza della stazione. Intravidi due pattuglie della polizia piazzate lì, sicuramente per far rispettare il coprifuoco: erano ferme e con le luci delle sirene accese. I poliziotti vedendomi correre nella loro direzione, per di più senza mascherina, mi intimarono di rallentare e di raggiungerli.
Non rallentai, riuscii solo a dire con un filo di voce: "aiuto". 
Clac: si spensero le luci della stazione.
Clac: si spensero i lampioni.
Ormai avevo raggiunto i poliziotti; i cui volti perplessi erano illuminati di blu dalle sirene delle loro macchine.
Clac: si spensero anche quelle ultime luci, ed il blu lasció il posto solo al nero.
Persino le nuvole sembravano essersi messe d'accordo per coprire come un manto tutte le luci della notte.
Nulla, solo silenzio, che sarebbe stato assoluto se non fosse per il rumore del mio respiro affannato dopo la corsa di poco prima.
Misi la mano nella borsa a tracolla e ne tirai fuori il cellulare; ero rimasto con meno del quindici percento di batteria, attivai l'applicazione della torcia e guardai intorno impaurito.
Attorno a me giacevano i quattro poliziotti, anche loro con gli occhi sbarrati ed il volto contorto dal terrore; sembrava quasi che la vecchiaia li avesse colti all'improvviso, prosciugandoli degli anni rimasti.
La torcia del cellulare si era messa improvvisamente a lampeggiare, lasciando spazio ad una sempre più fievole luce che minacciava di spegnersia breve.
Il vento gelido mi attraversó nuovamente la carne; questa volta era come se il gelo mi si fosse avvinghiato sin dentro gli organi e le ossa.
Sentii nuovamente quell'urlo disumano, stavolta lo sentivo provenire da dentro al mio corpo: urlò, urlai, urlammo, ed il vento sembró rispondere, poi di nuovo più nulla.
Mi ritrovai carponi a vomitare al buio, come fossi ubriaco fradicio, poi mi sentii affogare; quel vomito nero, che sembrava sangue rappreso, per una qualche forza misteriosa mi stava ritornando in gola e scendendo fin giù nello stomaco, come la scena di un video rivisto al contrario.
Davanti a me si riaccese qualche sporadico lampione, mi rimisi in piedi e lasciai tutto di quella notte alle spalle; per ogni luce che mi si accendeva davanti, una dietro si spegneva dopo averla superata, l'oscurità ero io.
Una volta giunto a casa il mio cane iniziò a festeggiarmi ed a saltarmi addosso come se non mi avesse visto da giorni.
Dopo essermi lavato le mani ed infilato il pigiama presi una bottiglia d'acqua e la bevvi a grandi sorsate.
"Buonanotte" dissi al cane dopo averle dato un bacio sulla testa, ed una volta spenta la luce e messo sotto le coperte, fissai l'oscurità e ripetei con un sussurro: "Buonanotte."

domenica, febbraio 14, 2021

Disanima del vizio

Vizio, cos’ è un vizio se non uno sfogo violento, e compensazione dell’ora e del momento?
Sinanco che col vizio mi passo un velenoso sfizio?
E non contento, da cenere futura, l’ardo con carburante alcolico, il whisky.

Dello scozzese malto le labbra mi bagno e l’ugola m’indoro,
s’inonda lievemente la gola, ardendo, e con del fumo la consolo.
Persino il pensiero inestinguibile vacilla verso la nuova direzione;
non è che un sorso, eppur tal gesto discosta da pensieri grami.

Dal bicchiere al tabacco, dal tabacco ad altro sorso, e dal sorso alla blasfemia;
qualcuno parla, e la realtà ritorna violenta col suo nevrotico brusìo.
È forse necessario da elargire sì tanto generosamente, un rumorio così nefasto,
a chi dal silenzio ne ha ordito un’araldica onorificenza?

Suvvia, parlate,
se riuscite ascoltate, 
e poi tacete.

Non disperdete quel fil di pensiero già fosco, che come serpe s’inerpica e s’invoca, nascendo così,
spontaneo.

Ben venga il simile ed anco la disuguaglianza, ma bevete un bicchiere 
sicché da due pensieri ne nasca uno novello; 
viziato e stralunato, 
un parto delle menti, e quel vizio non sarà che un eclettico bebè.

Un malsano nascituro che berrà con te.

lunedì, settembre 07, 2020

Accortezze

Ed è fissando alle quattro del mattino, nel buio della mia camera, le flebili infiltrazioni di luce appena accennate e riflesse sulle pareti dalla serranda che mi rigiro nel letto maledicendo il caffè della mezzanotte.
Combinazione vuole che a condividere la veglia, affamata e priva di sonno, una zanzara o forse più, mi solletica volteggiando ed adagiandosi da un braccio all'altro e ancora da una gamba all'altra per poi bestemmiarmi in ronzese i ronzii della giornata o forse di tutta la sua vita. Direttamente nell'orecchio per non farmene perdere neanche uno, senza l'accortezza né la sensibilità di domandarsi se tutte queste attenzioni siano a me gradite.
Eccola che mi passa davanti, ora, sfilando tra gli occhi e la luce del cellulare, afferrata e lasciata in un attimo colma di stupore, nel suo ultimo istante di vita per il sangue succhiatomi che in un modo o in un altro è tornato a me, sul palmo della mia mano, segno che mai le fu offerto né concesso, solo afferrato dandolo per scontato.
Son quasi le cinque ma la vita e la morte di quella zanzara hanno avuto un significato ed una morale: Non siate come lei, non confondete uno stanco silenzio con un tacito assenso.
Prima di succhiare la linfa chiedetevi fino a che punto tutto è lecito e se, come la zanzara, volete ronzare o se prima di "succhiare" sia meglio chiedere il permesso, in punta di piedi, accertarsene davvero, e solo in quel caso, con le dovute accortezze, sostare.

giovedì, febbraio 27, 2020

Un uomo piccolo piccolo

C'era un uomo piccolo piccolo che tanto piccolo non era, solo non sapeva come fare per crescere.
Quest'uomo viveva in una casa grande grande che tanto grande non era visto che si rintanava in camera sua.
Egli aveva sogni piccoli ma per lui troppo grandi, tanto da considerarli irrealizzabili; avrebbe voluto un po' di serenità interiore perché afflitto da pensieri più grandi di lui e sperava, senza crederci veramente, di poter trovare un giorno un amore fatto su misura per lui.
L'uomo però non viveva di questo, viveva di piccole cose, alla giornata e stava ben attento ad evitare tutte le situazioni che si supponeva potessero provocargli ansia, angoscia e dolore.
L'uomo si alzava tardi, faceva colazione col pranzo che trovava già pronto e stava seduto tutto il giorno, tutta la sera e tutta la notte, nella sua cameretta, nell'attesa di qualcosa che da sola non sarebbe mai potuta arrivare.
Vi era un uomo piccolo piccolo, seduto da solo nella sua cameretta, a sorseggiare entusiasta il suo piccolo bicchiere di whisky, con una sigaretta in mano, ascoltando sempre la stessa musica per non sentire urlare i suoi pensieri e, tutto sommato, per quanto tutto questo non lo rendesse felice, gli andava bene così e faceva di tutto per non cambiare.
L'uomo decise di scrivere di sé e scrisse di quanto fosse piccolo in un mondo così grande da poter a volte far paura, così scrisse, sentendosi ancora una volta piccolo ma sempre pacatamente colmo di desideri che sapeva bene non si sarebbero mai realizzati, concluse così la sua piccola storia con un piccolo punto.





sabato, febbraio 15, 2020

Mieleh

I primi veli della sera coprirono il tramonto, fino a rendere il cielo simile ad un dipinto composto da varie tonalità di rosa. Ammaliato lo osservavo ed attendevo con un sottile filo di ansia di incontrare per la prima volta una ragazza conosciuta da pochi giorni su internet, ella custodiva un segreto che mai nessuno avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare, un qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la mia concezione di realtà.
C'eravamo conosciuti precisamente in una chat di incontri, di quelle in cui si va quando si è presi a noia da tutto con la remota speranza di poter conoscere una persona quanto più simile a se. Vedendo che c'era qualcosa in comune decidemmo entrambi di contattarci e con un approccio a dir poco grottesco, di quelli che fa sbattere la mano in faccia per quanto sia stupido le scrissi e sorprendentemente mi rispose.
Passammo tutta la serata a scriverci, il suo nickname era Mieleh, e la nostra curiosità non si riusciva a saziare facilmente, quindi continuammo per tutta la notte, parlando delle nostre passioni fino a passare all'esoterismo.
Giunti a quel punto lei si bloccò, divenendo più cupa, a tratti criptica, le domandai se per caso avessi detto qualcosa di sbagliato e mi rispose che questo era un argomento che non affrontava mai, accennandomi che non ne era propriamente all'oscuro e che me ne avrebbe parlato di presenza, magari davanti ad un Drink.

Eccola che arrivava, come colto da un sesto senso la riconobbi subito, non poteva essere che lei.
Si guardava intorno mentre si avvicinava nella mia direzione, il sole era definitivamente calato ed il luogo d'incontro iniziava a popolarsi di persone e coppiette intente a dare un senso alla loro serata.
-"Mieleh, sei tu?" chiesi indugiando un po'.
-"Ciao, chiamami pure Melania, dove mi porti?" rispose con un sorriso.
Una volta fatte le presentazioni dal vivo le risposi che quella non era la mia zona, non conoscevo nessun locale, così mi disse che mi avrebbe guidato lei.
Salimmo sulla mia macchina e seguendo le indicazioni ci fermammo davanti ad un pub chiamato "IL Diavolo Ubriaco".
-"Bel nome per un pub" pensai, essendo di settimana non c'era confusione ed una volta entrati trovammo posto facilmente in un tavolino accanto ad un muro di pietra con sopra le nostre teste una lampada che emanava una luce soffusa tendente al rosato, anch'essa in tema col nome del locale.
Ordinammo da mangiare delle patatine con a parte ketchup e maionese e da bere lei un calice di vino bianco ed io un boccale di birra bionda doppio malto.
"Cin Cin!" dicemmo all'unisono con un sorriso e già dal primo sorso sentii rincuorato che in fondo il ghiaccio tra noi si stesse già iniziando a rompere.
-"Quindi... ti interessa l'occulto?" mi chiese con un sorriso malizioso, poi sorseggiò il suo vino con fare elegante, feci lo stesso io con la birra ma in modo molto meno aggraziato, mi pulii i baffi dalla schiuma col dorso della mano e le risposi:
-"Non sono un fanatico ma mi affascina l'idea che non ci sia solo ciò che vediamo, sono abbastanza convinto che i nostri corpi non siano che involucri di carne che non ci permettono di vedere oltre l'invisibile."
-"A-ah..." rispose lei ed aggiunse:
-"Continua, mi interessa sapere cosa pensi a riguardo"
-"Va bene, visto che ci tieni...è un argomento di cui un po' mi vergogno, non tutti possono capire, tempo fa feci degli esperimenti seguendo delle guide online sui Viaggi Astrali, non dico che ci sono riuscito appieno ma qualcosa ho percepito, in un limbo tra il sonno e la veglia ho visto delle figure umanoidi fatte più o meno di nebbia, che fluttuavano intorno a me, senza piedi, quasi come fossero fantasmi...Oddio, ora penserai che sono un pazzo e che stessi sognando!"
Melania mi rassicurò subito rispondendo come se per lei l'argomento fosse normale per non dire familiare:
-"Ma no, quelli che dici tu vengono chiamati Vampiri Energetici, sono come degli spettri che si nutrono delle energie degli umani, facendo leva sulle loro ansie e sulle loro paure, è per questo che a volte ci si sente senza forze anche senza aver fatto nulla".
Continuammo per un altro po' il discorso, poi ad un tratto esordì dicendo:
-"Queste cose le so perché sono un Angelo" e mi fissò dritto negli occhi, penetrandomi sino al cervello, con un sorrisetto indagatore.
-"Però...doveva essere proprio buono quel vino, forse avrei dovuto ordinarlo pure io" le dissi scherzosamente.

Terminati i nostri drink pagai il conto, ci rimettemmo i cappotti ed uscimmo dal locale.
-"Proprio non mi credi eh?" incalzò Melania e continuò
-"Mieleh è l'anagramma di Mehiel, te l'ho detto, sono un Angelo, solo che a causa del mio interesse per gli umani e dell'inadempienza ai miei doveri ho perso il favore del Cielo e con esso quasi tutti i miei poteri, al momento non posso tornare in Paradiso, sono bloccata qui" e si interruppe con un singhiozzo causato dal vino.
-"Certo, io posso essere un demone allora? Sai che bella accoppiata un Angelo caduto ed un demone, potremmo conquistare il mondo...Muhahaha!" Simulai una risata diabolica.
Lei mi si avvicinò e mentre ci dirigevamo verso la macchina poggiò delicatamente la sua guancia contro la mia spalla, non potevo vedermi ma sono sicuro che in quell'occasione arrossii e serrai le labbra per evitare di dire qualche cazzata.
-"Voglio farti vedere un posto, saliamo in macchina che ti spiego come arrivarci" disse lei e dopo meno di dieci minuti di strada ci ritrovammo in uno spiazzale isolato.
-"Scendi, ora ti mostro"
Scendemmo dalla macchina, lei con la sua consueta grazia si tolse il cappottino e lo poggiò sul sedile.
-"Non hai freddo?" Le chiesi preoccupato
-"E' necessario" mi poggiò un dito contro alle labbra per farmi tacere e subito dopo tolse via anche il maglione.
Fu lì che la vidi in tutto il suo splendore, indossava una canottiera bianca con i bordi merlettati, una vista tanto improvvisa quanto inaspettata da togliere il fiato.
Melania si fece seria, mi fece cenno con il palmo della mano di non avvicinarmi, sollevò il mento rivolgendo lo sguardo al cielo, si irrigidì e dalle sue scapole spuntarono due enormi ali d'angelo, ricoperte di grandi piume di un bianco candido che emanavano un leggero bagliore. Rimasi pietrificato col cuore che batteva all'impazzata.

-"Adesso mi credi?" mi disse con aria compiaciuta, quasi da bambina ed aggiunse:
-"Non muoverti, ti faccio vedere un altro bel posto"
Mi girò intorno, avvolse le sue braccia intorno al mio petto in modo soffice e delicato da dietro, spalancò le ali e spiccò il volo, stringendomi a se.
In principio mi venne istintivo chiudere gli occhi, quando li riaprii mi ritrovai in alto nel cielo, il suolo con le macchine e gli alberi erano ormai ben distanti da noi, non potei che restare in silenzio, non riuscivo a proferire nessuna parola, quando dolcemente mi disse:
-"Non aver paura, siamo quasi arrivati".
Il bagliore che emanavano le sue ali si diffuse avvolgendoci completamente entrambi come in una bolla magica, mi venne in mente che quella doveva essere la sua aura. La velocità aumentò repentinamente, potevo sentire il cuore in gola e mi sembrò anche di vedere dei fasci di luce blu tutto intorno a noi, chiusi le palpebre per un solo istante e quando le riaprii non era più sera, sembrava mattina e da quel che potevo vedere il paesaggio era cambiato, non vi erano più strade ma ampie vallate e colline.
-"Preparati a vedere qualcosa che non hai mai visto" mi disse, dopodiché scendemmo di quota e vidi creature che nel mondo reale non potevano esistere, demoni rossi alti più di tre metri che combattevano contro altre creature di cui non riuscivo a capirne la natura, gli esseri fluttuanti fatti di nebbia che ancora dubitavo di aver visto realmente nei miei tentativi di Viaggi Astrali, esseri apparentemente umani avvolti da aure variopinte, chi argentata, chi azzurra, chi dorata che prendevano parte alla lotta con aria apparentemente divertita, quasi come fosse un gioco.
Scendemmo a terra su una collinetta isolata dove vi era un grande tempio bianco, atterrammo delicatamente e come poggiai i piedi per terra mi trovai con le gambe tremanti, finendo in ginocchio con i palmi delle mani per terra.
-"E sì, posso immaginare il tuo stato d'animo" mi disse mantenendo il suo sorriso, poi si fece seria ed iniziò a spiegarmi la situazione:
-"Questo è uno dei tanti Piani Astrali dove solo pochi umani riescono ad arrivare con i loro corpi eterei durante la meditazione ma ci sono anche spiriti di defunti privilegiati che hanno scelto di battersi in una lotta senza fine contro demoni e creature malvagie che abitano queste terre dall'inizio dei tempi. Adesso ci troviamo in uno dei Templi neutrali, qui ci sono dei monaci eterni che hanno incrementato la conoscenza di alcuni tra i maggiori esponenti della razza umana come Buddha, portandoli all'illuminazione ed elevandoli a leggenda...Ma adesso basta parlare, è tempo che tu chiuda gli occhi."
Ubbidii e potei sentire un bacio tiepido di una dolcezza infinita sulla fronte che intorpidì tutti i miei sensi.  
Riaprire gli occhi mi venne stranamente faticoso e pesante, fu un processo lento e graduale, sentii il verso di un uccello di passaggio come attraverso ad un vetro, mi ritrovai disteso sul mio letto, mi alzai lentamente, sentendomi prosciugato, quasi totalmente senza energie. 
La serranda era stranamente aperta nonostante io sia abituato a dormire sempre tenendola chiusa, aprii la finestra e trovai una piuma bianca, forse di un gabbiano, la raccolsi.
Il cellulare era acceso, controllai la chat con Mieleh e vidi sbigottito che ci saremmo dovuti vedere stasera...
I ricordi andavano via via sbiadendo, che fosse stato tutto solamente un sogno? 
Andai in cucina e con la testa piena di domande mi preparai un caffè chiedendomi quale strada mi sarebbe convenuta percorrere quella sera.