Vizio, cos’ è un vizio se non uno sfogo violento, e compensazione dell’ora e del momento?
Sinanco che col vizio mi passo un velenoso sfizio?
E non contento, da cenere futura, l’ardo con carburante alcolico, il whisky.
Dello scozzese malto le labbra mi bagno e l’ugola m’indoro,
s’inonda lievemente la gola, ardendo, e con del fumo la consolo.
Persino il pensiero inestinguibile vacilla verso la nuova direzione;
non è che un sorso, eppur tal gesto discosta da pensieri grami.
Dal bicchiere al tabacco, dal tabacco ad altro sorso, e dal sorso alla blasfemia;
qualcuno parla, e la realtà ritorna violenta col suo nevrotico brusìo.
È forse necessario da elargire sì tanto generosamente, un rumorio così nefasto,
a chi dal silenzio ne ha ordito un’araldica onorificenza?
Suvvia, parlate,
se riuscite ascoltate,
e poi tacete.
Non disperdete quel fil di pensiero già fosco, che come serpe s’inerpica e s’invoca, nascendo così,
spontaneo.
Ben venga il simile ed anco la disuguaglianza, ma bevete un bicchiere
sicché da due pensieri ne nasca uno novello;
viziato e stralunato,
un parto delle menti, e quel vizio non sarà che un eclettico bebè.
Un malsano nascituro che berrà con te.
Nessun commento:
Posta un commento