martedì, settembre 24, 2019

Un addio

Di presunzioni e fanciullesche convinzioni te ne fai  virtù,
eppur raccogli steli senza fiori per adornar quel bouquet di rami secchi, ormai specchio di falliti amori.
Mai sposa se non di te stessa,
ti racconti le favole, dove l'uomo è un orco, e tu la principessa.

sabato, settembre 21, 2019

Bolle di Sapone 15-08-2015

Piccole bolle di sapone colme di fumo si librano in aria per poi scoppiare brutalmente nella pioggia.
I sogni creano castelli di carte che inesorabilmente si disperdono con poco più di una brezza.
Le scelte sono due, continuare a riempir di fumo le bolle, sperando che almeno una raggiunga la luna oppure adeguarsi al tram tram, alla routine e lasciarsi inglobare da una società distorta.
Come dico sempre "La verità sta nel mezzo" 

mercoledì, settembre 18, 2019

Ellem


La festa di compleanno


Giunse il giorno del suo diciottesimo compleanno, Ellem aveva un aspetto euforico e si sentiva felice, la festa si svolgeva nel giardino della casa dei suoi genitori, Ginlin e Robert, nel profondo della foresta di Trillian e gli invitati erano due suoi coetanei, i suoi unici amici, un elfo di nome Talion ed un’umana della Capitale, Seren.
Venne il tempo di aprire i regali, Ellem cominciò dal regalo di Seren, era confezionato in un pacchetto largo e leggero, aprendolo sorrise felicissima, si trovò tra le mani una splendida mantella con cappuccio, azzurra come i suoi occhi, ricamata ai bordi con merletti bianchi e decisamente molto comoda e leggera, la madre di Seren era un’ abile sarta e per cucirla aveva seguito con attenzione i desideri e le richieste della figlia.
Venne il turno del regalo di Talion, si trattava di un piccolo scatolo di legno levigato in modo fine ed aprendolo vi trovò una spilla verde a forma di foglia, raffinata e molto in voga tra le elfe di Trillian.
L’ultimo regalo fu quello dei suoi genitori, la confezione era sottile ma alta quasi quanto lei, tuttavia leggera a dispetto del suo aspetto. Scartò la confezione e vi trovò un bastone di frassino, chiaro ed intarsiato finemente, con all’apice un pomo intagliato ed intrecciato come fossero piccoli rami.
È magico” disse la madre “ti aiuterà ad incanalare il tuo potere per incrementarne gli effetti”.
Il padre aggiunse:
- “È stato intagliato dai migliori artigiani elfi, diciott’anni sono molto importanti per una bella signorina come te”.
Ellem si commosse e ringraziò i presenti abbracciandoli.
Grazie...ho qui con me gli amici ed i genitori migliori che si possano desiderare!”.

Detto ciò la giovane mezzelfa si mise la mantella di Seren, vi appuntò la spilla di Talion, prese in mano il bastone magico e chiese sorridendo:
- “Come sto? Ho o non ho l’aspetto di una maga potentissima?!”
Tutti risero ed il padre rispose sorridendo a sua volta:
- “Piccola mia, ne hai ancora di strada da fare ma l’aspetto è certamente quello”.
La madre portò la torta e la poggiò sul tavolo, era stata commissionata dal padre ad Eldum, la Capitale. Era interamente composta da una crema di cioccolato con dentro una farcitura di marmellata di fragole e sopra vi erano decorazioni fatte con soffice panna. Ellem soffiò sulle candeline ed espresse il suo desiderio.



La caccia


L’indomani della festa i tre ragazzi avevano appuntamento per l’inizio della mattinata all’ingresso del sentiero di Trillian, Ellem e Talion furono i primi ad arrivare, Seren si era alzata tardi, come al solito, era sempre profondamente assonnata al mattino e faticava ad alzarsi, li raggiunse dopo quasi un’ora e li trovò nel punto d’incontro con un espressione corrucciata.
- “Finalmente!” disse Ellem
- “Stavamo per cominciare senza di te!” aggiunse Talion.
E la ragazza si scusò:
- “Perdonatemi...non trovavo le mie scarpe comode...”

Ellem indossava la sua nuovissima mantella azzurra, chiusa sul petto con la spilla di Talion, in mano teneva saldamente il bastone ed aveva una borsa a tracolla con il pranzo e delle erbe medicinali.
La mezzelfa conosceva alcune magie elementali insegnatele dalla madre ma aveva una buona predisposizione alle magie curative e di supporto.
Seren era una studentessa della più prestigiosa scuola di magia di Eldum, si poteva facilmente definire un topo da biblioteca, la sua specialità era la magia dell’ombra ma all’occorrenza sapeva usare anche qualche magia del fuoco.
Indossava una lunga tunica nera con ornamenti color rosso fuoco ed un grande cappello a punta da maga con una cintura anch’essa rossa, in mano stringeva un bastone d’ebano con la cima arrotolata come fosse un serpente.
Talion non sapeva usare la magia ma compensava questa mancanza con la sua agilità, il suo equipaggiamento consisteva in una corazza di cuoio leggero, uno scudo appoggiato sulla schiena ed al fianco portava una spada elfica, dalla lama leggermente ricurva.

- “Al villaggio mi hanno detto di un posto frequentato da goblin, forse se riuscissimo a trovarne uno isolato potremmo farcela!” disse fiducioso Talion.
- “Aspetti forse un invito? Muoviamoci!” rispose Ellem raggiante che già si era avviata.
I due compagni risero, la raggiunsero e si incamminarono nel fitto della foresta.
Passò quasi un’ora e dietro a dei cespugli si riuscivano a sentire delle voci stridule e grottesche.
- “Shhh, non muovetevi” disse Talion, e vi si infilò silenziosamente, come solo un elfo sapeva fare.
Ad una decina di passi da lì vide il primo goblin che stava rimproverando ed impartendo ordini nella propria lingua ad un secondo goblin, più giovane.
L’elfo prese lo scudo in mano e sfoderò la spada, impugnandola saldamente, i suoi occhi si erano socchiusi in due fessure, pregustava ansioso l’inizio di questa nuova sfida.
Fece cenno alle due ragazze di raggiungerlo, Ellem agitò il bastone e pronunciò una formula magica, Talion si sentì subito più potente, quella magia aveva alzato le sue statistiche di forza ed agilità.
I tre uscirono dai cespugli con l’elfo in prima fila e le due maghe dietro, subito i goblin impugnarono le proprie spade e si avventarono su Talion, che fin dall’inizio della battaglia stava facendo una fatica immensa a reggere la furia degli attacchi dei due goblin, specialmente di quello più grosso che sembrava molto più esperto nei combattimenti.
Seren lanciò subito una magia, i due goblin vennero investiti da una nebbia nera per qualche istante ed i loro movimenti diventarono più goffi e lenti ma nel frattempo la mano di Talion che impugnava l’arma venne ferita da un fendente del goblin più anziano, la spada gli cadde davanti, accanto al piede.
Dalla mano sgorgava il sangue copiosamente ed il giovane elfo si trovò costretto a cercare quasi impotente di ripararsi dai colpi dietro lo scudo, si pentì e pensò che forse due goblin erano decisamente troppi.
Nel frattempo le due maghe non si erano limitate a stare ferme a guardare, Ellem lanciò una magia di cura leggera sulla mano di Talion e Seren evocò un’ombra che si scagliò sul goblin più piccolo, che spaventato a morte si trovò in seria difficoltà.
L’elfo riuscì a riprendere la spada, schivò il fendente del goblin più anziano e fece una capriola nella direzione del più piccolo, lo colpì alla schiena, trapassò un polmone e la lama fuoriuscì dal petto, il goblin si accasciò per terra, morendo con un ultimo gorgoglio di sangue e schiuma fuoriuscita dalla sua bocca, nel frattempo l’ombra evocata da Seren si era dissolta, ritornando nel mondo astrale.
Il Goblin rimasto era diventato una furia, la sua testa oscillò indietro e lanciò un urlo disumano, ricaricandosi di tutte le energie si scagliò nuovamente all’attacco e Talion riuscì solo per un soffio a ripararsi con lo scudo, la tempesta di colpi sembrava non avere mai fine.
Le due giovani maghe intanto erano riuscite a ripristinare un po’ del proprio mana e tornarono subito in aiuto dell’elfo, Seren lanciò nuovamente la sua magica nebbia nera sul goblin, che stavolta evitò con un balzo all’indietro per avventarsi nuovamente su Talion, riuscendo a ferirgli una coscia in profondità con la lama.
L’elfo urlò dal dolore e si inginocchiò per terra, il goblin lo ignorò passandogli di fianco incurante e si scagliò verso la guaritrice, Ellem, che presa dal panico chiuse gli occhi pensando fosse giunta la propria ora.
Passarono alcuni secondi che le sembrarono un’eternità, la mezzelfa riaprì gli occhi e si ritrovò a pochi centimetri di distanza il volto grottesco del goblin, gli occhi colmi di terrore, la bocca spalancata e la lingua divisa in due, trapassata dalla spada di Talion.
Ellem scoppiò a piangere, l’elfo era seduto per terra poco distante da lei, intento a guardarsi preoccupato la ferita e Seren non sapeva proprio cosa fare, quindi si limitò a scuotere le spalle dell’amica per riportarla alla realtà.
Asciugatasi le lacrime, Ellem prese dalla borsa alcune erbe medicinali e le applicò sulla ferita sanguinante di Talion, poi lanciò una magia di cura leggera che però si rivelò inefficace, quindi si sbrigó a bendargli in modo più stretto possibile la gamba per arrestarne l’emorragia.
L’elfo si rialzò a fatica ed avvicinandosi ai due corpi senza vita controllò l’equipaggiamento dei due goblin, il bottino consisteva in 20 monete di rame per quanto riguardava il goblin più giovane e 2 monete d’argento ed una collana con un dente di lupo per il goblin più anziano.
Seren percepì una debole aura magica all’interno della collana, usò una pergamena di identificazione di basso livello e scoprì che quel dente di lupo era un amuleto che aumentava di poco l’agilità del portatore, Talion se la mise subito al collo.

- “Spostiamoci da qui, potrebbero arrivarne altri” disse il giovane l’elfo, le ragazze si presero di coraggio, gli si misero ai lati e lui vi si appoggiò, con un braccio intorno al collo di Ellem e l’altro a quello di Seren.
- “Sì, muoviamoci” disse Ellem, e ritornarono in direzione della casa di sua madre.
I tre, ormai esausti, si fermarono qualche istante per poter riposare e per mangiare, ormai era pomeriggio, una volta rifocillati si misero nuovamente in marcia e raggiunsero prima del tramonto la casa di Ginlin che non resasi conto della situazione li guardò severamente per qualche istante.
- “In che guai vi siete cacciati questa volta?” chiese l’elfa in tono serio mentre con una magia curativa di medio livello aveva rimesso facilmente a posto la gamba di Talion.
L’elfo e la giovane maga umana erano visibilmente mortificati e tennero quindi basso lo sguardo, ad Ellem in un primo momento venne l'impulso di piangere, poi si morse il labbro e sostenne con decisione lo sguardo della madre rispondendo fiera:
- “Abbiamo sconfitto due goblin nella foresta ed abbiamo trovato due monete d’argento ed un amuleto. Madre, ho deciso, faró l’avventuriera!”

Ginlin guardò il marito e si scambiarono un sorriso sinistro, poco dopo Robert prese la parola:
- “Ormai non sei più una bambina, sei libera di fare le tue scelte liberamente ma sappi che potrai sempre contare sui tuoi genitori e dovrai studiare molto per diventare più forte, Talion ha rischiato di perdere una gamba per la vostra avventatezza.”
E Ginlin aggiunse:
- “Non sei ancora abbastanza brava con la magia, ci sono troppe cose che devi imparare e che devo insegnarti, finché non otterrai il tuo famiglio porta con te il mio, ti proteggerà” ed evocò Argus, il suo lupo bianco, che subito si avvicinò ad Ellem sollevandosi sulle forti zampe posteriori, appoggiò quelle anteriori sulle spalle della mezzelfa e guardandola dritta negli occhi, dopo un breve istante, le leccò il viso dal mento alla fronte lasciandola bagnata ed appiccicaticcia.
- “Argus, che schifo!” si trovò a dire Ellem mentre si asciugava la faccia con una manica, e tutti risero.






venerdì, settembre 13, 2019

I due amanti



I DUE AMANTI


Non può esserci amore più grande e puro di un amore tra due razze, come quello tra un uomo ed un elfa”


Nel Nord più profondo, al confine oltre la Capitale di Eldum, vi era una foresta antica come la notte, Trillian, essa era una delle ultime riserve degli elfi.
Lì viveva Ginlin, un’elfa dai capelli biondo platino, molto popolare tra i membri del suo popolo oltre che per la sua bellezza per il suo canto melodioso che riusciva a calmare tutte le creature della foresta, anche le più feroci.
Ginlin aveva un animo dolce ma avventuroso, era pura come la sorgente che scorreva lungo la montagna adiacente alla foresta, fino a formare un lago limpido dove era solita fare il bagno libera dalle sue vesti, lontana da sguardi indiscreti.
Un giorno, nella foresta di Trillian, si era recato un cacciatore della Capitale, Robert, egli era ancora giovane, erano solo venti i suoi anni ed a causa del suo animo intrepido ed incosciente si era spinto più in la di quanto il patto tra umani ed elfi prevedeva.
Perso il sentiero, continuava a camminare senza riuscire a trovare punti di riferimento e le uniche cose che riusciva a scorgere erano alberi a perdita d'occhio, ricoperti da muschio e circondati da cespugli e funghi.
Ad un certo punto del suo cammino, ormai stanco e col tramonto più vicino, Robert sentì il canto sommesso di una voce femminile e poco più avanti il suono dell’acqua.
Avendo esaurito la propria riserva d’acqua dalla sua borraccia seguì quel suono fino a trovarsi di fronte al lago.
Ginlin era lì, stava finendo di rivestirsi, canticchiando un motivo a bassa voce, quand’ecco che incrociò lo sguardo dell’umano invasore.
Ella parlò nella lingua comune, appariva giovane e per un’elfa lo era davvero ma aveva già compiuto i suoi primi cento anni, senza tuttavia aver mai visto un essere umano prima d’allora.
- “Chi siete voi che disturbate col fragore insolente del vostro fiato e con quei passi pesanti la tranquillità eterna della foresta e del lago?
Chiese Ginlin severa ma al tempo stesso incuriosita dall’umano.
- “Perdonatemi mia Signora, inseguivo una lepre fintanto che mi sono perso, ho camminato a lungo, non era mia intenzione disturbarvi” rispose il ragazzo, visibilmente sudato ed assetato.
- “Qual è il vostro nome? Io sono Ginlin e siete fortunato ad aver incontrato me per prima e non i ranger del mio popolo…avete un aspetto a dir poco impresentabile” disse ridacchiando e proseguì: -” Venite avanti, dissetatevi pure”.
Il ragazzo si asciugò il sudore dalla fronte con una manica ed avvicinatosi al lago, riempì la borraccia e cominciò a bere a lunghe sorsate.
- “Perdonatemi per i miei modi ma come potete vedere sono esausto e disperso, il mio nome è Robert e vengo da Eldum. Non ho potuto fare a meno di sentirvi cantare ed è solo grazie a voi se sono riuscito a raggiungere il lago per potermi dissetare, vi sono debitore.”
Egli osservava incuriosito le lunghe orecchie leggermente ricurve dell’elfa mentre Ginlin guardava con altrettanto stupore l’aspetto un po’ goffo e trasandato di quel giovane, i due si studiarono a lungo ed entrambi sorrisero.
Il tramonto era giunto al suo culmine e le ultime luci del giorno si ritiravano per lasciare il loro posto alle ombre della sera, il ragazzo era visibilmente preoccupato.
L’elfa, osservandolo, gli disse sorridendo maliziosamente:
- “Non penso sia il caso di lasciarvi morire tra i pericoli della notte, vi sono talune creature di questa foresta che sarebbero ben felici di saziarsi di una così facile preda così come i ranger potrebbero scambiarvi facilmente per un puntaspilli e colpirvi con le loro molte frecce”.
Robert, decisamente spaventato, rispose:
- “Mia Signora, vi scongiuro, non lasciatemi morire nella notte...”
- “Non è nelle mie intenzioni.” disse con un sorriso ora più compassionevole “La notte è lunga e perigliosa, seguitemi.” Detto ciò si lasciò seguire per un breve tratto e gli indicò una grotta.
- “Non dovrebbero abitarvi creature spaventose” disse sorridendo l’elfa ed aggiunse ridendo di gusto “Entrate, vi mostro dove di tanto in tanto sono solita appisolarmi ma non ditelo in giro, mi raccomando!”.
Robert la seguì fin dentro la grotta, sembrava perfetta per passarvi la notte, vi era della paglia in un angolo che in seguito si rivelò essere un comodo giaciglio.
Mentre il giovane ragazzo pensava a come meglio sistemarsi, l’elfa lo vide sfregarsi le braccia con le mani per il freddo.
- “Non spaventatevi adesso” disse l’elfa, e dopo aver proferito un incantesimo si accese una fiamma su una piccola catasta di legno dentro la grotta, seguì un altro incantesimo ed apparve un lupo bianco come la neve, Argas.
Robert strabuzzò gli occhi dallo stupore, poi Ginlin aggiunse:
- “Lui è Argas, è il mio Famiglio, non abbiatene timore, non vi farà nulla...a meno che io non desideri farvene” e sorrise.
Ella si sedette sopra la paglia, con le spalle poggiate sulla parete della grotta e le mani rivolte verso le fiamme, poi invitò Robert a fare lo stesso così che egli la raggiunse e si rannicchiò accanto a lei. Le guance ritrovarono il rossore naturale grazie al calore delle fiamme, intanto anche Argas si era accucciato comodamente accanto al fuoco, sereno e leggermente assopito dal sonno.
- “Alle prime luci dell’alba dovrete lasciare questo luogo” disse l’elfa ed aggiunse: “Vi guiderò fino al sentiero che conduce alla Capitale, stanotte la passeremo qui, con al vostro fianco me ed il mio cucciolo non correrete certo alcun rischio”.
Robert, ormai ripresosi del tutto si ritrovò a fissare ammaliato il volto dell’elfa, un volto così bello ed incantevole che solo nelle fiabe poteva trovare riscontro, gli occhi erano verdi, la pelle candida ed i capelli le scorrevano lungo le spalle fino a scendere giù lungo il suo corpo, incorniciando i suoi seni perfetti come in un quadro.
Anche Ginlin era affascinata dall’umano, a modo suo così diverso e dolcemente buffo ai suoi occhi, così dissimile dagli elfi...ed appoggiò la testa sulla spalla di Robert, in modo spensierato e naturale tanto che il volto del ragazzo in un primo momento avvampò per l’imbarazzo e poi, timidamente, avvolse l’elfa con un braccio intorno alle sue spalle, senza però riuscire a guardarla direttamente negli occhi.
Ginlin sorrise e si strinse affondando il proprio viso sul petto di Robert, che si ritrovò ad accarezzarle quei suoi lunghi capelli color platino che per via del fuoco riflettevano ora i colori cangianti delle fiamme.
L’attimo era eterno, il lupo emise un leggero sbuffo e ritornò a ronfare, né l’uomo né l’elfa avevano mai conosciuto l’amore, ma quella sera provarono emozioni fino ad allora sconosciute.
Ginlin ad un tratto stupì profondamente l’umano, togliendosi di dosso il proprio vestito adornato dai colori della foresta, color corteccia e color della foglia, ed invitò l’uomo con uno sguardo ad occhi socchiusi, colmi d’eccitazione, a fare lo stesso.
L’elfa accompagnò Robert con le proprie mani fino a farlo poggiare disteso sulla paglia, poi si sedette sul corpo di lui, poggiando le proprie ginocchia sul suolo e lasciando che il bagliore del fuoco le baciasse il corpo, in un gioco di luci ed ombre con la sua pelle, con i suoi capelli e con i suoi seni.
Robert non era stato mai così tanto eccitato prima di allora, da quella posizione si sfilò goffamente i pantaloni fino a fare quasi perdere l’equilibrio a Ginlin, poi guardandola incantato iniziò dapprima timidamente, poi con una certa sicurezza, ad accarezzare l’esile corpo dell’elfa.
Le accarezzò i fianchi, il ventre piatto, le cosce, il fondoschiena e fece salire le proprie mani con fare sempre più coraggioso fino a toccarle i seni ed il viso.
Ginlin gemette e socchiuse nuovamente gli occhi per il piacere, mordendo con le sole labbra l’indice del ragazzo e cominciò ad oscillare avanti ed indietro come in una danza.

Il ragazzo chiese tra l’eccitazione e l’imbarazzo: - “Posso…?”
le labbra dell’elfa si allargarono in un sorriso e si limitò a dire: - “Puoi...”.
Il ragazzo diventò uomo quella stessa notte, penetrò l’elfa con vigore crescente, i loro corpi si erano fusi in un unico corpo ed i loro sensi si confondevano tra le fiamme, tra i sussurri e tra i gemiti, come fossero un unico suono, nella notte.

Come di consueto arrivò il mattino, le prime luci dell’alba svegliarono Ginlin che a sua volta svegliò Robert con un dolcissimo e morbido bacio sulle labbra, lei era splendida, e per quanto fosse possibile, anche più bella e radiosa del solito.
I due rimasero qualche istante ancora distesi ed abbracciati, gli occhi di lui erano come quelli di un bambino al primo giorno di scuola, troppo stanchi per restare aperti e troppo vogliosi di incontrare lo sguardo di lei per restare chiusi.
I due si alzarono, si rivestirono ed una volta spento ciò che rimaneva delle fiamme con un incantesimo, uscirono dalla grotta per lavarsi il volto con l’acqua della sorgente, poi si incamminarono emozionati ma anche un po’ tristi verso il sentiero che avrebbe riportato l’uomo a casa.
Questa volta Robert fece molta attenzione al percorso e Ginlin, di tanto in tanto, gli faceva notare punti di riferimento che altrimenti lui non avrebbe notato.
Si scambiarono la promessa di ritrovarsi al lago al mattino dopo ogni luna nuova e non mancarono mai di rispettarla.
Passarono nove mesi e Ginlin ebbe una bambina, non si poteva definire elfa e neanche umana, era una mezzelfa, i cui occhietti, aperti già dopo poche ore dalla nascita, promettevano sin d’allora di avere il carattere stoico e nobile degli elfi e tratti tipici degli umani come la curiosità per la scoperta e la propensione a cacciarsi nei guai.
La bambina fu chiamata Ellem.
Ellem aveva grandi occhi azzurri come il cielo, la pelle chiara, giallastra, i capelli color dell’oro e delle spighe al tramonto, i lineamenti del viso richiamavano entrambi i genitori, a tratti spigolosi e al tempo stesso delicati come gli elfi ed a tratti leggermente più marcati come gli umani mentre le orecchie erano più lunghe di quelle degli uomini e più corte di quelle degli elfi, con una simpatica piega verso il basso.
La bambina crebbe velocemente per i primi diciott’anni della sua vita e fu sempre molto amata da entrambi i genitori ma non fu mai veramente accettata dalle due razze così diverse.

Imparò i rudimenti della magia ed i segreti della foresta dalla madre, mentre quando si trovava col padre era solita indossare una mantella grigia con il cappuccio calato sulla propria testa, per nascondere agli uomini la propria natura di mezzelfa, celando quelle orecchie per i più così strane... ma questa è un’altra storia, la storia della fantastica vita di Ellem.