venerdì, maggio 31, 2019

La Negromante ed il servo

C'era una volta...anzi, no, questa storia è più attuale di quel che si possa pensare.
Viveva in un punto non ben delineato di una non ben precisata foresta una donna, no, non era una donna come tante, qualcuno pensava fosse una strega ma in realtà si trattava di una negromante ed il suo nome era Vivienne.
Vivienne si era circondata dei frutti della sua magia ed a servirla come dei veri e propri camerieri vi erano le sue evocazioni, uno scheletro e due zombie.
Ognuno godeva di una propria personalità, seppur non ben definita, forse un’ eco lontana di quel che erano stati in vita e, se così si può dire, erano tutti innamorati di quella donna un po' oscura nell'anima ma non nell'aspetto.
Era così bella con quei capelli corvini, la pelle bianca come cera e due occhi tanto neri e profondi che era come guardare attraverso l'abisso solo per potervisi smarrire.
In una giornata come tante, forse solo un po' più calda, Vivienne si trovava fuori dalla sua casetta, con indosso un costume, a godersi un po' di sole mentre i suoi servi si affannavano nel cercare di accontentarla come meglio potevano. Chi le portava un succo di mirtilli, chi delle bacche fresche, chi la sventagliava con una grande foglia di ficus, e poi c'era lui, Erzel, l'ultima delle sue creazioni, uno scheletro rinvenuto sotto un albero e riportato in vita.
Erzel si limitava a fissarla, dal vuoto delle sue orbite cave e se solo avesse avuto della pelle sul suo teschio si sarebbe potuto immaginarlo a sorridere.
Il "giovane" scheletro era un tipo riservato, passava le giornate della sua nuova vita a camminare al fianco di Vivienne, era così pensieroso sul come ogni giorno fosse sempre più preso da colei che l'aveva riportato in vita.
Vivienne gli insegnava il nome delle bacche, delle radici, dei germogli e dei loro possibili utilizzi nell'alchimia, sperava di poterlo iniziare nella creazione di semplici pozioni di uso comune da poter vendere poi in un villaggio non troppo distante; in fondo Vivienne ci teneva al suo aspetto e non era indifferente a trucchi, gioielli sbrilluccicanti e vestiti nuovi ed eleganti.
La giovane negromante si era però resa conto che Erzel era differente rispetto ai suoi zombie, si poteva percepire un’anima ed un’aria un po' triste e malinconica in quel mucchietto d'ossa ambulante, così decise di sfruttare i suoi studi di magia nera e provare un rituale per dargli la voce.
Il rituale riuscì in modo un po' bizzarro, non avendo le corde vocali, al posto della voce Erzel cominciò a farfugliare direttamente nella mente di Vivienne, dapprima delle parole scomposte e senza troppo senso ma in seguito riuscì a formulare frasi semplici, fino a ad esprimersi come meglio si conveniva.
Finalmente Vivienne aveva trovato qualcuno con cui poter dialogare e conscia della vivace intelligenza di quel suo servitore e di quel modo tutto suo di essere profondo gli fece studiare alcuni grandi classici della letteratura e della filosofia.
Ahh, quello scheletro così giovane si innamorò della filosofia al punto che il meditare su quella bellezza occulta che era Vivienne lo fece cominciare a scrivere delle poesie in una grossa agenda che aveva precedentemente trovato in quella casetta dove ormai "viveva" o per meglio dire esisteva già da qualche tempo.
Vivienne una sera mentre era alla ricerca di un vestito da notte trasparente che potesse mettere in mostra le sue forme seducenti al chiarore della luna aprì l'armadio e si stupì nel trovare quel pesante tomo, l'aprì e lesse con sorpresa le poesie ed i pensieri di Erzel. Era chiaro che in ognuna di quelle parole ci fosse un riferimento a lei, anche perché non aveva altri con cui poter comunicare ma lei non era una donna qualsiasi, era una negromante e non volle accettare quel suo folle amore da un suo servitore.
Fu così che Vivienne si precipitò dallo scheletro, e con un lieve disgusto sul volto recitò una formula antica, seguì un bagliore verde e da lì in poi Erzel non poté più né parlare né esprimersi, quel suo essere così speciale nella propria unicità fu sostituito dal tornare ad essere un semplice servo di quella sua sempre più oscura padrona.
"Bene" disse Vivienne e da lì in poi nel suo volto non si riuscì mai più a scorgere la parvenza di un sorriso, la negromante con un ghigno sprezzante aveva detto addio alla sua umanità ed a quella di Erzel. Era una sera come tante, la notte più nera e si ritrovò sempre più sola.



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